Il microbiota rappresenta, quindi, un obiettivo importante per un potenziale intervento dietetico e/o un possibile trattamento. Tuttavia, lo scopo principale del trattamento dietetico per i pazienti affetti da queste patologie risulta essere rappresentato dal raggiungimento di un apporto nutrizionale adeguato ai fabbisogni dello stesso paziente, senza trascurare, comunque, eventuali intolleranze e/o possibili deficit alimentari. La prevalenza della malnutrizione associata alle MICI varia dal 23% all’85% (più frequente nel MDC dell’ileo rispetto alla RCU). Un deficit nutritivo, legato prevalentemente ad un aumento del fabbisogno calorico-proteico, può essere la conseguenza di inadeguata alimentazione (dolori, nausea, inappetenza, restrizione alimentare, farmaci), di malassorbimento (estensione della malattia, chirurgia, deficit sali biliari, overgrowth batterico), di aumentate perdite intestinali (diarrea, sanguinamento, fistole) o dell’uso di alcuni farmaci (come steroidi, Sulfasalazina, immunosoppressori). Per l’elaborazione di un programma terapeutico dietetico bisogna, soprattutto, valutare lo stato di malattia del paziente. La maggior parte dei soggetti in fase di quiescenza non presenta fabbisogni nutrizionali diversi dai soggetti normali: il metabolismo basale a riposo ed il dispendio energetico quotidiano totale è sovrapponibile a quello di soggetti sani, tuttavia, uno stato di malnutrizione può comparire persino quando la malattia è in fase di remissione. Le necessità metaboliche aumentano in presenza di complicanze (febbre, fistole o lesioni alla mucosa): fino al 50% in più del fabbisogno energetico quotidiano (apporto calorico giornaliero pari a 20-30 kcal/kg di peso corporeo; in fase acuta può arrivare a 30-35 Kcal/kg). Anche il fabbisogno proteico risulta aumentato: l’infiammazione porta ad un incremento della produzione di citochine esanoidi, catecolamine e glucocorticoidi i quali danno luogo ad una risposta catabolica producendo un danno proteico ed un bilancio azotato negativo. La dispersione delle proteine seriche varia in funzione della severità e della estensione del processo infiammatorio; nelle forme acute severe sono state calcolate perdite giornaliere di albumina pari al 10% del pool corporeo. Inoltre, l’astensione dai prodotti caseari, a causa di una intolleranza spesso secondaria, riduce notevolmente la quota proteica e di grassi, contribuendo ad un’alimentazione insoddisfacente. Oltre le perdite di proteine si hanno consistenti perdite di Na, Cl, Ca, Mg e ovviamente di ferro emoglobinico . Relativamente alla malattia di Crohn, in età pediatrica è estremamente frequente un ritardo nello sviluppo staturale (15- 46% dei pazienti). Per quanto concerne l’età adulta i deficit nutrizionali del paziente con MDC sono estremamente polimorfi. Deficit nutrizionali si osservano in caso di disfunzione dell’ileo terminale (malato o resecato), che determina un malassorbimento di vit. B12 e sali biliari, con il conseguente deficit di assorbimento di grassi e vitamine A, D, E, K. La perdita dei grassi e vit. D porta al malassorbimento di Ca. Il calcio legato ai grassi nel lume intestinale libera gli ossalati intestinali che si assorbono in maggior quantità e favoriscono la calcolosi renale. In fase acuta di malattia, quindi, sarà necessario ridurre il volume dei pasti, aumentare l’apporto idrico in modo proporzionale alle perdite, garantire il giusto apporto proteico (carne soprattutto bianca, pesce) e di carboidrati (pane, pasta e riso), mantenere l’apporto di fibra solubile ed abolire quella insolubile (crusca, cibi integrali, segale, farro, grano saraceno, piselli, carciofi, cavoli, funghi, fichi, mandorle, noci, arachidi, pere, mele, avocado e prugne). L’attività della lattasi (cioè dell’enzima responsabile della digestione del lattosio in glucosio e galattosio), inoltre, viene ad essere ridotta a causa del processo infiammatorio: ne risulta una maggiore quantità di lattosio che raggiunge i segmenti intestinali più distali: in queste condizioni, vengono prodotti grandi quantità di acido lattico che determina un incremento della motilità intestinale, per cui, sarà opportuno abolire latte e derivati. Risulteranno necessarie eventuali integrazioni di vitamine e sali minerali. Nelle fasi severe di malattia (stenosi organiche, fistole, intestino corto per resezioni multiple, grave enterorragia), invece, è consigliabile tenere a riposo l’intestino e per questo si ricorre alla Nutrizione Parenterale Totale. Quest’ultima rappresenta in età pediatrica un importante approccio terapeutico; può indurre, infatti, alla remissione della sintomatologia acuta, insieme alla Nutrizione Enterale che, quando le condizioni dell’intestino lo permettono, determina anch’essa un azione positiva sulla remissione delle malattie infiammatorie intestinali. Si possono, inoltre, anche somministrare miscele per via orale con particolari caratteristiche nutrizionali: assenza di lattosio, basso residuo fibroso, basso potere osmolare, così da permettere un parziale riposo intestinale. Questo tipo di miscele possono essere somministrate per il tempo necessario alla ripresa della normale alimentazione. In assenza di sintomi, infine, la base dell’alimentazione deve essere quella rappresentata dal modello Mediterraneo: frutta e verdura di stagione, cereali, legumi, patate, pesce, olio extra vergine d’oliva, vino rosso; la quota glucidica rappresenta il 55-60% (solo il 10% per gli zuccheri semplici che, a causa del loro alto potere osmotico, favoriscono la diarrea) delle calorie totali; la quota lipidica si aggira intorno al 25-30% (10% saturi, 10-15% MI, 5-10% PI) delle calorie totali giornaliere e, solo in presenza di steatorrea, vengono somministrati acidi grassi a media catena, (oli MCT); le proteine contribuiscono per il 10-15%.